Banda ultra larga in Italia: il Governo preme sull’acceleratore

Il ritardo dell’Italia rispetto alle nazioni europee, spinge il Governo ad attuare interventi più incisivi e ambiziosi

Banda ultra larga in Italia: il Governo preme sull’acceleratore

Continua con qualche difficoltà il processo di diffusione della banda larga in Italia che, nonostante gli sforzi, si colloca tra i Paese europei meno evoluti almeno dal punto di vista tecnologico e digitale. Secondo i dati dell'ultimo rapporto del Digital Economy and Society Index (Desi), l'Italia si collocherebbe al 25esimo posto sui 28 Paesi dell'Unione europea per diffusione della banda ultra larga. Il motivo di questo clamoroso ritardo riguarderebbe le cosiddette "aree di fallimento", ovvero quelle zone non ancora da un servizio di connessione.

Le aree di fallimento, oltre a non avere accesso alla banda larga, sono nella maggior parte dei casi prive di connessione alla rete e considerate dagli stessi operatori di telefonia delle zone poco "attraenti" per gli investimenti, considerate anche le difficoltà tecniche che di fatto impediscono la posa dei cavi in fibra ottica. Una situazione impensabile per il resto degli italiani, ormai connessi alle rete per la maggior parte della giornata, grazie al vasto panorama di offerte per la telefonia e ampia gamma di servizi offerti.

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Banda larga in Italia: quali sono le nuove priorità?

Il prossimo traguardo da raggiungere per diffondere la banda larga in Italia punterà quindi alla conquista di tutti quei paesini e Comuni ancora isolati che navigano nella migliore delle ipotesi ad una velocità anacronistica. Per raggiungere questo scopo il Governo darà il via il prossimo 30 aprile al "Piano banda ultra larga", finanziando con delle risorse pubbliche la diffusione della banda larga nelle aree considerate di fallimento.

Questo clamoroso ritardo della banda larga in Italia assume toni ancora più forti se allarga la valutazione al resto dell'Europa. Sembra infatti assurdo e quasi inspiegabile risalire al percorso che, nel corso di soli trent'anni, ha portato l'Italia dallo status di Paese all'avanguardia in materia di collegamenti alla situazione attuale. Le prime sperimentazione dei collegamenti in fibra ottica risalgono al lontano 1977 del Cselt (Centro studi e laboratori telecomunicazioni) e di Sip (l'antenata di Telecom Italia) che portarono al primo collegamento tra le due centrali a Torino. Tutto a quei tempi lasciava intuire un futuro radioso.

Rapportando la situazione ad oggi, è evidente che la situazione ha subito un vero capovolgimento. Tutto questo sembra far parte di un passato troppo lontano. Un ulteriore spunto di riflessione arriva dai dati del rapporto Akamai sullo Stato di Internet, secondo i quali l'Italia si colloca al 51esimo posto a livello mondiale e al quart'ultimo posto per l'area Emea (Europa, Medio Oriente e Africa). A niente dunque è servita la crescita del 142% delle connessioni a banda larga avvenuta nel corso degli ultimi anni. La nuova sfida per l'Italia resta una sola: la banda ultra larga con velocità superiore a 30 megabit.

I nuovi obiettivi nazionali

"Coprire entro il 2020 il 100% del territorio con una connessione a 30 megabit e arrivare al 50 per cento degli abbonati a 100 megabit", sarà proprio questa la priorità del Governo che ha già annunciato l'avvio di gara e bandi pubblici per la raccolta di fondi da investire nella diffusione della banda larga. Si tratta di un intervento di grande portata che dovrà coprire circa 7300 comuni garantendo il servizio a 19 milioni di cittadini. Dunque la in Italia la strada verso la banda larga è ancora in salita e richiederà un grandissimo sforzo da tutte le parti coinvolte. Solo in questo modo l'Italia potrà allinearsi alle direttive europee introdotte con l'Agenda Digitale.

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