Finanziamenti alle imprese, la difficile situazione delle start up energetiche

Al convegno I-Com sull’innovazione energetica interviene Gianmarco Carnovale, Presidente Roma Startup.

Finanziamenti alle imprese, la difficile situazione delle start up energetiche

Le aziende, o i liberi professionisti, possono accedere a diverse forme di finanziamento: ad esempio, possono trovare i prestiti più vantaggiosi tra quelli offerti dai migliori istituti di credito, oppure contare su fondi regionali, europei e nazionali.

Tuttavia, se piccole, medie e grandi imprese possono contare su finanziarie come Agos, Compass e così via, non si può dire lo stesso delle start up, che per definizione fanno mola più fatica ad ottenere finanziamenti tradizionali.

Della difficile situazione delle start up italiane si fa portavoce Gianmarco Carnovale, Presidente Roma Startup, durante il convegno I-Com sull'innovazione energetica e in particolare durante la sessione dedicata alla competitività delle start up energetiche italiane.

Carnovale inizia il suo intervento su una precisazione sul significato di start up: non si tratta di imprese, ma di protoimprese, con un alto fattore di innovazione e un alto potenziale. La definizione di start up è recentissima e compare in Italia solo tra il 2010 e il 2012.

Le start up italiane, e in particolare quelle energetiche, risentono di due mali: il primo è la scarsità di capitali di rischio, in quanto i venture capitalist si concentrano principalmente nell'ambito delle start up digitali. Questo perché, rispetto alle start up energetiche, quelle digitali hanno un ciclo di sviluppo e di sperimentazione molto più breve, meno rischi tecnologici e costi di verifica più bassi.

L'altro grande male è la mancanza di interdisciplinarietà: le start up italiane, infatti nascono all'interno di settori chiusi, in quanto nella maggior parte delle università italiane manca la comunicazione interdisciplinare e tra dipartimenti. L'interdisciplinarietà, unita alla possibilità di disporre di un team eterogeneo, valorizza invece la tecnologia ed è necessaria per fare impresa.

A tutto ciò dobbiamo aggiungere che, mentre all'estero il 60% delle start up nasce dalle università, in Italia solo il 3% è frutto di collaborazioni strette negli atenei. Siamo quindi di fronte a una situazione davvero incerta e frammentaria, che rende necessario da una parte cercare un catalizzare che possa unire a far crescere queste piccole start up e dall'altra promuovere una sinergia tra pubblico e privato per incentivare il sistema.