Il rating sui titoli sovrani dell'Italia è stato declassato da Standard & Poor's da BBB+ a BBB con outlook negativo (cioè le prospettive per il medio periodo): siamo ormai poco sopra il livello dei titoli spazzatura ma ciò che è più preoccupante sono le motivazioni che l'agenzia di rating ha dato della sua decisione. Infatti gli analisti americani vedono per il nostro paese un "peggioramento delle prospettive economiche" (a conferma dei recenti tagli al Pil previsto per il 2013) nonché un forte rischio per la tenuta dei conti pubblici a causa delle divergenze in tema economico-finanziario nella maggioranza che sostiene il governo Letta.
Ma andiamo più nello specifico della decisione di Standard & Poor's di abbassare il rating italiano: in particolare l'outlook negativo indica che ci sono diverse possibilità di un ulteriore downgrade nel 2014 o anche nel 2013 (addirittura una probabilità del 30%) visto che il governo sembra non sia in grado di attuare politiche per evitare ulteriori problemi ai bilanci statali (ricordiamo infatti che il debito pubblico italiano è ancora in aumento), che eliminino le rigidità del mercato del lavoro, che sblocchino la crescita economica.
Insomma, Standard & Poor's proprio non crede nell'azione del governo Letta, come del resto a fatto intendere pochi giorni fa il Fondo Monetario Internazionale che invitato a non abolire l'Imu.
Ovviamente non sono mancate le risposte da parte del governo, in particolare dal Ministero del Tesoro che in una nota afferma che il downgrade da parte di Standard & Poor's è una decisione "non condivisibile, retrospettiva e non di prospettiva, non tiene sufficientemente conto delle azioni che il governo ha intrapreso", così come non sono mancate reazioni da parte della maggioranza, a destra come a sinistra: Simona Vicari del PdL, sottosegretario allo Sviluppo Economico, afferma che c'è un "accerchiamento di ambienti dell'alta finanza e dei poteri forti contro l'attuale governo", mentre Matteo Colaninno, responsabile economico del PD, dice che la decisione dell'agenzia di rating "impone alla maggioranza che sostiene il governo di mettere il massimo dell'impegno nel garantire all'Italia una prospettiva di crescita e di riforme, pur nell'equilibrio dei conti pubblici". Insomma, la maggioranza non è coesa neanche nelle risposte da dare a Standard & Poor's.